Il brano che abbiamo scelto è tratto dal racconto scritto da una vera e propria signora della scrittura, Antonia S. Byatt. Compare nella raccolta che prende il titolo dal racconto, La cosa nella foresta, pubblicato in Italia da Einaudi nel 2007. Cinque racconti di straordinaria intensità, fatti di materia letteraria che non ha nulla da invidiare ai suoi romanzi, in cui l’elemento fantastico si intreccia a quello realistico senza alcuna sbavatura; personaggi femminili memorabili, donne che si fanno pietra, donne che rendono in forma di opera d’arte la sofferenza di chi ha subito aborti, con sculture fatte di forcipi e altri strumenti; e piccole donne che incontrano esseri mostruosi in una foresta, dove torneranno e scopriranno ciò che c’è da sapere.
C’erano una volta due bambine che videro, o credettero di vedere, una cosa in una foresta. […]
Annusarono l’aria, in cui s’addensavano un caldo odore di funghi, un odore umido di muschio, un odore di linfa, e un lieve olezzo di ceneri morte. Sentirono prima il rumore o l’odore? Entrambi inizialmente impercettibili e dispersi, davano la curiosa impressione di provenire, a ondate, dall’intero perimetro della foresta. Entrambi aumentarono d’intensità molto lentamente, ed erano entrambi mescolati, un rumore e un odore fatti di molti rumori e odori diversi. Un cricchiare, scrocchiare, scricchiolare, un brutale martellio combinato con schiocchi violenti a cui si aggiungeva un gorgoglio di vapore che monta, sbuffa, erutta, con bolle e peti, piiiff ed esplosioni, brontolii e borbottii. L’odore era più sgradevole e più aggressivo del rumore. Era un odore liquido di putrefazione, l’odore delle cose bacate sul fondo di pattumiere mal tenute, l’odore delle fogne otturate, e dei calzoni non lavati, mescolato all’odore di uova marce e di tappeti logori e di vecchie coperte sudicie. Gli odori e i rumori nuovi e normali della foresta, foglie e humus, pelo e piume, si spensero come luci via via che l’atmosfera della cosa si manifestava. Le due ragazzine si guardarono e si presero per mano. Senza dire una parola, istintivamente, si rannicchiarono dietro un tronco d’albero caduto e tremarono, quando la cosa infine apparve.
Sembrò che la testa prendesse forma, o divenisse visibile da lontano, tra gli alberi. La faccia, che era triangolare, sembrava una maschera di gomma o di carne su un bulbo informe di testa, come una rapa mostruosa. Il colore era quello della carne flagellata, incisa da buchi verminosi, e l’espressione non era né collerica né avida, bensì di pura infelicità.