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Racconta un libraio: intervista a Silvia Dionisi, libraia di L’Altra città

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Uno scaffale della libreria L’Altracittà dedicato alle storie di libri e librai

 

Siamo andati a intervistare Silvia Dionisi, libraia a L’Altracittà a Roma. Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia, come pensa sia cambiato il suo mestiere e cosa pensa dei racconti.

di Lorena Bruno

Cosa deve fare un libraio per non soccombere alla crisi?

La figura del libraio e della libreria tradizionale devono corredarsi di altre attività, i canali di distribuzione sono cambiati, si sono moltiplicati e il servizio che possiamo fornire noi librai è prenderci cura del cliente e il racconto del libro: individuare insieme al cliente (che a me piace chiamare lettore) quale sia la lettura migliore per lui. Il libraio è come una sorta di consulente della lettura e la lettura di un buon libro fa stare meglio, fa parte del prendersi cura di sé. Inoltre la libreria è un luogo fisico che si identifica molto, nelle grandi città, con il proprio quartiere, per noi questi primi sette mesi di attività sono stati un denso periodo di osservazione e di scambio per capire cosa interessa, non soltanto riguardo ai libri, ma anche per quanto riguarda le attività da fare insieme; si può prendere spunto da un libro anche per parlare di cinema, di teatro, poter fare sessioni musicali, e molto altro. Per questo la libreria si identifica al tessuto sociale che la circonda, come ci fossero dei vasi comunicanti, per costruire insieme un’offerta culturale. La risposta del quartiere è positiva, c’è curiosità, attenzione, una forma di sostegno alla vendita del libro.

Raccontaci la tua storia di libraia.

Comincia poco più di dieci anni fa, dopo un percorso di studi umanistici e di ricerca universitaria, ma a un certo punto mi sono stancata dei tempi universitari e della solitudine dello studioso. Un annuncio su una rivista locale mi informò che a Rieti − la mia città d’origine − una libreria storica stava per essere ceduta. Avevo ben presente quel posto, perché era un po’ magico, una libreria d’impostazione classica, tutta in legno, come fosse una biblioteca o una farmacia. In poche ore, con due amici d’infanzia e le rispettive famiglie, abbiamo pensato di intraprendere questo folle volo. Tutti e tre avevamo una formazione esclusivamente umanistica, incapaci di gestire un libro contabile, senza sapere cosa volesse dire lavorare con distributori, editori, scadenze, ricevute bancarie, eccetera. Siamo stati affiancati, poi in un secondo momento siamo andati avanti da soli, scoprendo ognuno le proprie attitudini in quel nuovo lavoro, e la bellezza del contatto col pubblico. Le persone che vengono in libreria si aprono e raccontano le loro storie, con tutto quello che possa comportare nel bene e nel male. Non volevamo limitarci alla sola vendita del libro, ma volevamo che fosse qualcosa da raccontare, da condividere, e abbiamo iniziato con gli incontri con l’autore. In una città piccola come Rieti diventava un vero e proprio evento. Fare il libraio è faticoso, richiede tutte le tue energie, non sempre si è disposti a sacrificare tutto per un lavoro che spesso ti lascia senza un soldo per lunghi periodi, così da tre soci siamo diventati due.

E avete deciso di aprire anche a Roma…

Dai tempi dell’università ho sempre vissuto a Roma, facevo la pendolare.  Quando ho visto che si è aperta una finestra qui, e dopo aver sperimentato che nella zona non c’era un posto come questo, ho deciso di intraprendere questa nuova esperienza romana. Siamo qui da quasi otto mesi, sufficientemente contenti. Non molliamo mai, cerchiamo sempre nuove idee, convinti che le librerie così, di nuova generazione, siano dei veri e propri presidi culturali, non da soli ma con i lettori. Il nostro è diventato uno spazio aperto da vivere insieme, una nuova agorà.

Come mai L’altracittà?

Perché per me Roma era veramente l’altra città, lavorando a Rieti. E poi nella città della tristezza, della crisi, delle brutture c’è anche spazio per l’altra città, che si riconosce in altre cose da poter condividere. La nostra non è una libreria per bambini, nonostante ci sia uno spazio tutto dedicato a loro, perché secondo me è importante che gli adulti condividano dei momenti pensati per i più piccoli e che i piccoli, a loro volta, possano partecipare a certi eventi con gli adulti.

Come fai a scegliere i libri da tenere? Quali linee guida segui?

Ho pensato sarebbe stato bello un ritorno ai classici di ogni paese. Ho fatto una sorta di mappatura di quei titoli che, a seconda delle diverse aree geografiche, sarebbero stati quelli di riferimento. Mi sono servita anche dei repertori sulle buone letture, per esempio il libro di Romano Montroni sui libri che ti cambiano la vita o Come curarsi con i libri edito da Sellerio. I classicissimi si rischia siano in ogni casa, quindi li abbiamo integrati con i libri meno noti degli autori più famosi che sono stati pubblicati da case editrici più piccole, ma molto attente alla qualità della pubblicazione.

Cosa ci dici in merito ai racconti?

Io sono un’appassionata del genere, perché penso che il racconto sia un concentrato di buona scrittura. In un testo mi piace la limatura, la sintesi, la densità e il racconto ben fatto è di grande potenza espressiva. Non è facile consigliare la lettura di un racconto, a molti piace perdersi nelle infinite trame di un romanzo. Qui in libreria il martedì mattina, quando abbiamo ascoltatori, leggiamo dei racconti a voce alta. Abbiamo letto Corrado Alvaro, un autore che va riscoperto; il prossimo autore che leggeremo è Maupassant, un grande autore di racconti. Tra i giovani c’è una buona risposta per il racconto: spesso non dedicano molto tempo né molta attenzione ai libri, così i racconti permettono loro di condensare il tempo della lettura e di ritornarci su più volte.

Foto della libreria L’altracittà

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In libreria c’è un bellissimo pianoforte verticale. Si organizzano corsi di musica.
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Lo spazio dedicato ai bambini

 

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