Intervista con autore

Lo scrittore che sa dei librai | Intervista a Daniele Zito

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La solitudine di un riporto è la storia di un libraio sui generis. Antonio Torrecamonica non è un libraio per vocazione e maltratta i suoi clienti, usa Anna Karenina per scopi poco letterari ma, nonostante tutto, è un libraio che piace ai librai. E così ho incontrato Daniele Zito a Catania.

Come nasce il personaggio di Antonio Torrecamonica? 

In realtà al centro del libro c’è la solitudine, poi ho pensato di raccontare una realtà che secondo me sta scomparendo, ossia quella dei librai vecchia maniera. Con le grandi librerie di catena le piccole librerie sono state fagocitate da questi antagonisti o semplicemente hanno chiuso e volevo raccontare quel mondo lì, quel tipo di libraio che oggi non esiste quasi più. Così ho preso spunto dal personaggio che avevo in mente per il libro − uno abbastanza scorbutico, cattivo, misogino, ecc. − e ne ho fatto un libraio. Questo personaggio cambia dopo un contatto con un libro di Garcia Márquez che lo fa diventare un lettore. C’è molta cattiveria nei confronti dei lettori, nel mio romanzo, ma di fatto racconta la nascita di un lettore che è il libraio.

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Hai un libraio di fiducia?

Ne ho avuti tanti, in questo momento frequento spesso Vicolo Stretto qui a Catania, una piccola libreria indipendente cui mi rivolgo spesso. A Siracusa ho frequentato La casa del libro, una libreria molto antica, in cui c’era un libraio un po’ burbero che non aveva internet e prendeva gli ordini con carta e penna o con la macchina da scrivere, pensa. Adesso è la figlia a gestire la libreria, l’ha trasformata completamente. A Milano c’è la libreria Utopia di Lucio Morawetz, storica e anarchica, il personaggio del libraio ha molto in comune con Lucio; all’Utopia c’erano dei librai bravissimi, Alessandro Bandiera e Filomena Grimaldi provengono da lì. Adesso Alessandro fa il consulente editoriale per la Sur e Filomena ha fondato la libreria Controvento, che se ci pensi è un’altra di quelle librerie incredibili, nata sul web: Filomena ha condiviso on line tutte le fasi di crescita della libreria, dall’acquisto del locale ai primi libri che sono arrivati; ha chiesto consigli a chi la seguiva on line per il colore da dare alle pareti: una vera e propria mutazione del mestiere del libraio. Ad esempio due librai come Claudio Moretti e Sabina Rizzardi hanno creato dei personaggi sul web, che sono loro stessi, hanno fatto una scelta molto radicale perché tengono libri usati o libri di case editrici indipendenti; la libreria è piccola ma ci sono sempre degli eventi. Un altro esempio di questo cambiamento radicale è Patrizio Zurru, che ha fatto del suo mestiere di libraio il mestiere di chi crea eventi, per cui Cagliari è ricca di iniziative molte delle quali organizzate da lui: mette in relazione i libri con il cinema e altri ambiti culturali. Il mestiere del libraio inteso alla vecchia maniera sta morendo; molti librai, i più giovani, stanno cambiando, è una situazione in evoluzione, non so come andrà a finire. La mia esperienza di lettore mi dice che le persone chiedono consiglio ai librai; se vado in libreria per cercare un libro il più delle volte mi faccio consigliare e le librerie di catena non hanno librai, secondo me, hanno commessi volenterosi. È difficile trovare in una libreria di catena librai come Patrizio Zurru, Filomena Grimaldi o Claudio Moretti.

Anche perché i librai indipendenti devono scegliere quali libri tenere, a differenza delle librerie di catena…

Sì, molto banalmente li devono leggere…! Io ho pubblicato con una piccola casa editrice, Hacca Edizioni. Il giorno dopo mi ha contattato Patrizio Zurru, io pensavo fosse pazzo e invece è un libraio che sa fare il suo mestiere.

Quando hai cominciato a scrivere?

Ho iniziato a 22 anni tenendo un blog che poi ho chiuso. In seguito ne ho aperto un altro, Sei cose, che è stata una grandissima scuola di scrittura, a me ha permesso di riflettere molto, soprattutto perché scrivevo recensioni. Il confronto con i lettori è stato molto formativo, ed è stato solo a 32 anni che ho scritto un romanzo, quindi il processo è stato molto lungo. Quando si scrive solo per sé stessi non si capisce molto della propria scrittura, o perlomeno questa è la mia esperienza; quando arrivano gli insulti e i feedback dei lettori al di fuori della tua cerchia d’amici, rifletti sulla responsabilità che si ha nello scrivere. La solitudine di un riporto è molto scorretto nei confronti dei lettori, ma in realtà la responsabilità verso chi legge è una cosa che sento molto.

Leggi racconti?

Tantissimi. L’anno scorso mi sono fissato con questo genere, ho letto Carver e due raccolte che mi sono piaciute moltissimo: Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank di Nathan Englander (Einaudi), e Oggi sono tua di Mary Gaitskill (Einaudi). E poi il libro di Paolo Cognetti, A pesca nelle pozze più profonde (minimum fax), che fa capire esattamente cosa vuol dire scrivere racconti. Paolo Cognetti insieme a Luca Ricci è forse uno dei migliori scrittori italiani di racconti, in questo momento.

Cosa c’è in questo momento sul tuo comodino?

Animali domestici di Letizia Muratori (che Zito ha presentato a Catania, n.d.r.), Cambiare idea di Zadie Smith, che dice cose illuminanti su David Foster Wallace, lo consiglio.

Intervista a cura di Lorena Bruno

@Lorraine_books

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