Vicino alle Colonne di San Lorenzo, storico quartiere di Milano, si trova Walden un po’ caffè letterario e un po’ bistrot con una selezione ben curata di testi di editori indipendenti. L’ho scoperto in occasione della presentazione di un libro e ho potuto subito constatare che tra le confortevoli poltrone di pelle, i toni di verde e la bellissima libreria a parete piena di volumi invitanti, Walden è un posto tranquillo dove la vita culturale milanese si arricchisce di nuovi spunti tratti dalla filosofia e dalle arti visive. Come non bastasse, le proposte enogastronomiche sono veramente ottime. La scelta dei testi mi ha incuriosita molto, così ho intervistato la libraia, Clarissa Gibella, che ci racconta com’è nata l’idea e a chi si deve il progetto.
Quando hai cominciato a fare questo mestiere?
Ho cominciato a fare la libraia grazie a uno stage, frequentavo l’ultimo anno del liceo delle scienze sociali e avevo scelto di affiancare per una settimana il mio professore di letteratura che aveva una libreria antiquaria in via Tadino, Il muro di Tessa. Dopo quella settimana ho iniziato a frequentare quella libreria assiduamente, avevo già un ottimo rapporto col mio insegnante e a furia di frequentarla fu lui a chiedermi di andare a lavorare lì. Ho lavorato come libraia per due anni ma poi ho sentito il bisogno di cambiare strada, pur non sapendo a quale stessi andando incontro; stavo studiando filosofia e l’idea di sceglierne una precludendomene altre non mi piaceva, sebbene amassi molto fare quel lavoro; ma ho continuato a frequentare la libreria da cliente. Poi poco dopo ho lavorato al Colibrì, un altro caffè letterario dove ho colto l’occasione per imparare un altro mestiere, quello di bar lady, affacciandomi al mondo della ristorazione; quindi in realtà lì mi sono un po’ allontanata dai libri, che sono stati ripresi enormemente qui da Walden Cafè, dove mi sono occupata della selezione dei titoli, seguendo le indicazioni di Leonardo Caffo.
Come nasce l’idea di Walden?
Ha aperto a fine dicembre dell’anno scorso, ma l’idea è nata tempo prima da Leonardo Caffo, Paolo Augugliaro, Antonio Inserra e Matteo Pitanza, quattro amici che volevano aprire un caffè letterario. Dopo anni di sopralluoghi sono arrivati qui e Leonardo mi ha chiesto di gestire la parte della libreria e degli eventi; mi conosceva bene perché eravamo colleghi all’università, così mi ha presentato un’idea e a quella sono rimasta fedele, indipendentemente dalla mia formazione, dalla mia educazione culturale o dai miei gusti personali. Questo trovo sia fondamentale. Oggi siamo sommersi da personalismi e soggettivismo, dovremmo riuscire a trovare una strada per essere più umili e modesti. Nel lavoro è molto importante. Io cerco di farlo tutti i giorni, a volte ci riesco, altre volte no, ma provarci è ciò che conta. In linea col concept e con la filosofia di Thoureau, per la libreria la sua indicazione era quella di scegliere solo titoli di editori indipendenti; ho voluto dare più spazio alla saggistica, concentrandomi sulla filosofia e le arti visive: saggi, teoria e critica d’arte e di design.
Come ti sei rapportata alla scelta per il catalogo di Walden date le tue precedenti esperienze?
È stata una sfida, perché non leggo molta narrativa e non ho gusti troppo legati alla contemporaneità; leggo principalmente saggistica e molta più poesia che prosa, quindi ho sentito l’esigenza di studiare i cataloghi degli editori indipendenti.
A chi ti sei affidata per la selezione? C’erano autori o critici cui hai fatto riferimento?
Per mia cultura personale conoscevo già l’editoria indipendente, ma è stato un lavoro durato circa due mesi, che ho passato a studiare i cataloghi e creare file excel, come ero stata abituata al Muro di Tessa, con titolo, autore, collana, casa editrice e parole chiave, nonché le sinossi, il che non vuol dire leggere il libro, ma è un modo efficace per farsi un’idea; inoltre ho intrapreso con gli editori un contatto diretto: non si può pensare di aprire una libreria indipendente e rivolgersi comunque ai distributori; in questo modo ho potuto parlare loro della mia idea di libreria, del nostro concept e così sono stati proprio loro a venirci incontro e consigliarci: credo che questo sia un aspetto fondamentale, cioè la collaborazione tra le persone del settore. Per quanto riguarda i testi di filosofia il percorso è stato più personale, ma senza farmi influenzare dai miei gusti: ho cercato di selezionare una base di testi varia e generica ma poi ho dato un po’ più di spazio a temi e autori più affini al tema di Walden e, anche, alla filosofia di Leonardo. Colgo l’occasione per ringraziarlo, mi ha dato il massimo della fiducia per la mia ricerca; è questo che dovrebbero fare i librai: costruire ponti, per attraversare quest’oceano di vita e cultura.
Secondo te di cos’hanno bisogno i librai italiani?
Secondo me hanno bisogno di un forte spirito di collaborazione, da sfruttare il più possibile con gli agenti del settore culturale. Hanno bisogno senza dubbio di entrare nelle scuole, far conoscere testi alternativi a quelli che bisogna leggere per motivi di studio; avrebbero bisogno anche di fare laboratori con i bambini per insegnare loro a scrivere una storia, trasmettere la passione per i libri può fare la differenza, specie se sono di diverse estrazioni sociali e di diverse etnie: la lingua in quel momento potrebbe essere un ostacolo ma i silent book, ad esempio, possono aiutare a superare quel momento.
E, ultimo ma non meno importante, devono inserirsi in questa società degli eventi.
Uno dei filosofi a me più cari, Gilles Deleuze, fa della nozione di evento uno dei punti cardine della propria filosofia; dice che l’evento è qualcosa che sta tra un “già accaduto, ma ancora qui” e un “ancora da venire, e già qui”; in poche parole: qualcosa che porta in sé tutto il proprio passato perduto ma ancora vivente e, allo stesso tempo, il proprio futuro, ancora da scoprire, ma in qualche modo già deciso. È un modo bellissimo di coniugare determinismo e libertà. Questo per dire che siamo esseri in divenire, sempre in transito, ricchi e vuoti nello stesso tempo. Ricchi di ciò che già siamo e vuoti rispetto a ciò che possiamo creare, proprio a partire da ciò che siamo. Ed è su questo “ciò che siamo” che il libraio può e deve lavorare, come un “custode di saperi” e con la possibilità di poterli trasmettere. Questo penso sia anche il sogno di ogni autore per il destino della propria opera: concederle una durata, a dispetto del tempo.
Alla luce di tutto questo, certi eventi a cui assisto talvolta deludono le mie aspettative. Assistere alla presentazione di un libro che non si è nemmeno letto non penso sia il modo migliore per affrontare realmente il pensiero di un libro. E poi, diciamolo, gli autori sono spesso i meno indicati per parlare delle proprie opere. Ma siamo solo all’inizio, abbiamo tutto il tempo per migliorare.
Qual è il fil rouge che unisce gli eventi organizzati da Walden?
La filosofia e le arti visive. Si sono da poco conclusi due mesi intensivi con gli studenti del corso di Arti visive e studi curatoriali di Leonardo Caffo alla NABA, la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano; hanno avuto la possibilità di presentare un progetto per un’istallazione legata al tema di Walden: sono venuti fuori progetti molto belli, ricchi di riferimenti al libro, per rendere in estetica ciò che la filosofia voleva spiegare nei suoi contenuti. Decisamente stimolante.
Per quanto riguarda gli eventi della libreria, abbiamo avuto l’occasione di ospitare autori di grande rilievo, per citarne alcuni: Franco La Cecla, Telmo Pievani, Giulio Giorello, Florinda Cambria, Carlo Sini… ottimi incontri. Come vedi, anche qui, saggistica e filosofia, hanno maggior visibilità e, editori come Mimesis, per esempio, calzano a pennello ma, appena possiamo, cerchiamo di dare spazio anche alla narrativa, in occasione di Book Pride abbiamo fatto un evento molto bello con l’editore Black Coffee (Happy hour di Mary Miller) e, abbiamo avuto l’occasione di presentare un libro di Haroldo Conti (Sudeste), per la prima volta tradotto in Italia grazie a Exòrma editore; lo consiglio a molti. Abbiamo anche sperimentato performance di reading e musica insieme, con Edicola Ediciones (Partiture per un addio, Paolo Agrati) per esempio.
Com’è il vostro rapporto col quartiere?
Ci siamo resi conto di quanto il quartiere sia felice di uno spazio simile. Si sentiva la mancanza di un luogo del genere, sia dal punto di vista dei libri che della ristorazione: questo è un luogo dove ci si può sedere, chiacchierare, rilassarsi, mangiare bene. La cucina è semplice, i prezzi contenuti e il menù e vegetariano/vegano.
Cosa stai leggendo?
Il demone di Picasso di Gabriele Guercio, pubblicato da Quodlibet.
Intervista a cura di Lorena Bruno
Prossima volta che vengo a Milano ci andrò sicuramente!!! Adoro Thoreau….
Merita! Sia per la scelta dei libri, per gli eventi e per le proposte enogastronomiche 🙂