Com’è nata l’idea di una sfida di lettura? E cos’ha di diverso dalle altre? L’Italian Book Challenge fa pensare che, grazie a un gioco, le librerie indipendenti italiane creino una rete. Per saperne di più ho fatto una chiacchierata con Serena Casini, libraia alla Libreria Volante di Lecco e promotrice dell’iniziativa.
Com’è nata l’idea dell’Italian Book Challenge? E cosa volevi che avesse di diverso questa sfida di lettura rispetto alle altre?
Ho sentito parlare di una sfida di lettura all’estero, di cui mi è stato inviato il testo. Ho tradotto la lista e l’ho condivisa con alcuni librai. Alla base c’è l’idea della condivisione con altre librerie, perché ogni partecipante può giocare in tutte quelle che aderiscono. Non avevo pietre di paragone per questo tipo di gioco, che è personale e che ha pochi punti in comune con altre sfide di lettura. Mette al centro la lettura e il rapporto tra lettore e libraio.
Per esempio è molto diversa da #ioleggoperché.
Perché stavolta è un’iniziativa promossa dai librai, non dagli editori. Non c’è nessuno che deve invogliare qualcuno a leggere e i libri non vengono dati in regalo. Non è questo il modo giusto per promuovere la lettura, né scontare il prezzo di copertina, perché porta un danno economico a chi i libri li fa.
Questa iniziativa porta i librai a fare rete e spesso è difficile che succeda, perché prevale la diffidenza, in periodi delicati come questo.
Sono libraia da giugno e forse questo ha fatto la differenza, perché non so ancora molto di certe dinamiche. Un libraio che ha molti anni di esperienza mi ha detto che solo una persona così poteva riuscire a coinvolgere i librai in questo modo; l’ingenuità dell’ultima arrivata ha forse rinverdito l’entusiasmo di chi questo mestiere lo fa da molti anni. E questo elemento emozionale e poco razionale ha aiutato, perché non è stato visto alcun secondo fine nella mia proposta. Gestire l’Italian Book Challenge non è facile, siamo quasi duecento persone, ognuno con il proprio modo di fare il libraio; bisogna fare attenzione a non violare alcuna legge e in questo mi sono fatta aiutare da altri librai. Ricevo mail entusiastiche ogni giorno, da parte di lettori e di colleghi e questo mi motiva ancora di più.
State considerando l’idea di dare vita a un’associazione di librai indipendenti al livello nazionale?
Siamo molto presi dal lavoro, i librai hanno così tanto da fare ogni giorno che bisognerebbe avere forse una libreria più strutturata. Lavoro con una ragazza che mi dà una mano e il mio fidanzato che mi aiuta nel fine settimana, non siamo così tanti da poter mettere giù l’idea di una rete, può darsi che nel tempo ci sarà modo di gettare le basi per qualcosa del genere, o forse alla fine dell’anno tireremo le somme. A me piacerebbe che non diventasse un’associazione con un’etichetta. Ho il timore che dopo aver messo un’etichetta si perda il cuore dell’iniziativa. Non ho ancora considerato la cosa in tutti i suoi aspetti, forse se mi chiami fra sei mesi avrò cambiato idea. Intanto facciamo la forza, poi se vorremo indirizzarla in una direzione lo faremo.
Com’è stata accolta l’iniziativa in libreria?
Per noi che l’abbiamo lanciata c’è stata molta visibilità. Non sono accentratrice, ma l’idea è stata mia e molto spesso le interviste sono state fatte a me. Già dopo la trasmissione Fahrenheit c’è stato chi è entrato in libreria a chiedermi la scheda per giocare. O chi è venuto a vedere la libreria perché non la conosceva ancora oppure a chi comprava cinque o sei libri abbiamo proposto di prendere la scheda per partecipare. La maggior parte però entra in libreria e già sa della sfida. Il fatto che se ne parli tanto ha fatto sì che molte librerie si siano aggiunte, quindi abbiamo dovuto purtroppo chiudere le iscrizioni a un certo punto, perché siamo solo due a gestire il gioco e non ci si arriva; bisognerebbe che ci fosse una persona solo per questo e non è possibile.
Pensi che l’anno prossimo si ripeterà?
Il gioco sta andando bene ovunque e penso proprio che il prossimo anno si potrà rifare e sarà ancora meglio. Oggi siamo 184, quindi potremo essere ancora di più, ma intanto vediamo come va questo numero zero.
Secondo te di cosa hanno bisogno i librai italiani?
I librai di catena hanno bisogno di un po’ di libertà (sorride, n.d.r.), noi avremmo bisogno di così tante cose… Anzitutto al livello politico avremmo bisogno di un cambiamento. La politica dei grandi distributori o dei grossisti è quella di fare lo sconto minore ai più deboli, ossia i librai indipendenti, invece i grandi gruppi per diversi motivi hanno un margine maggiore di sconto e quindi a loro volta possono scontare di più senza subire un danno economico. Dal punto di vista interno, in generale, avremmo bisogno di darci una svegliata. Molti librai lo hanno fatto, coinvolgono i lettori, organizzano eventi senza dimenticare che dobbiamo pagare l’affitto. È indispensabile un business plan, alla base di ogni iniziativa, anche per un mestiere come quello del libraio.
Intervista a cura di Lorena Bruno
@Lorraine_books
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